mercoledì 11 luglio 2012

Rosarossa

Una traduzione della fiaba originale, qui.

H. J. Ford

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Una lettera ai fiori

L’aria arde, la gola è infranta -
la terra, di cemento vecchio.

Fiori che non sapete, fin dentro
le mie ossa tintinnate.

L’erba si attorciglia come casa
d’animali, soffia senza fragore -
via su tutti i nomi.

Siete salvi, perché non sapete?
Siete carta che si buca -
spio dalle fessure.

Nessun simile dall’altra parte -
l’esilio è limpido.

L’aria schizza in un colore
dai polmoni.

***

Un sogno di mia sorella

Dove viviamo è dove siamo accolte.

C’era un viaggio su di un’acqua perfetta
come di fiordo nordico, scavata
da parete a parete di montagna.

Il corpo di tua madre è mia madre.
Non parliamo, noi, fatte di ramo
di burattino vecchio, senza padre
d’asse legata ad asse in una nave.

Dall’altra parte l’onda tocca casa,
la casa ha i nostri nomi dentro i muri.
Ti tolgo delle pietre dalla bocca.

Mai siamo partite, dimenticate,
ci appuntiamo i capelli nello specchio.
Beviamo tutto il mare, come il pianto.

***


Noi

L’interno delle braccia è sfigurato.
Ci pungiamo. Ci legano
nei letti, ci portano i fiori dentro i vasi.

Non siamo petali, non siamo
carne che fa dolore o fa silenzio.
Noi stacchiamo gli occhi ai cespugli
li mangiamo, tendiamo il ragno
delle cinque dita.

Noi lo sappiamo che è per aiutare.
Forbici e filo e aghi per sanare.

I nati già ammazzati
terrosi come topi, irsuti
avidi d’uova e sassi luminosi.

Andiamo ogni mattina nella selva.
Spingiamo come spine. Ci ricuciamo
insieme, ricordiamo.

Dormiamo sopra l’orlo di un burrone.

AkaiSoul

***

Orso

A volte, io credo, il cielo è solo vetro, per questo
non cadiamo, ma vediamo. Siamo viste.

Nuotiamo in una sfera di creature.
Le tracce oscillano tra il terreno e l’aria.

Se viene, il vento rimbomba sulle superfici
si scarica nei buchi in mulinelli.

Animali intagliati affollano i sentieri -
quello più grande fa tremare il suolo.

Voce di orso di caverna. Non vogliamo
che tu sia un uomo. Scendi quando fa fumo

dalla casa, quando non si respira per il fumo -
ti puliremo il muso dagli insetti.

Questa casa è una fossa di cibo.
Chiamaci Biancaneve e Rosarossa.

Chris Beatrice

***

Quello con la barba

Si sono rotte tutte le altre case -
le ferma il fil di ferro, il nastro giallo.
Entriamo scavalcando nel vuoto che si apre.
Le nubi danno luce.

La terra nelle pietre è umida di frutti
c’impiastricciamo i visi con il succo.
Le farfalle s’increspano nei lavatoi
- le adagiamo sulle foglie a sgocciolare.

Poi viene quello dalla lunga barba
le guance scheletrite nelle rughe.
Arranca, non sa camminare -
perde quarzi dalla giubba come ossi.
Finisce incastrato nel legno
del tavolo da falegname.
Ha una faccia spaccata da un chiodo.
Lo tiriamo da sotto le braccia.

Perché sei spaccato, diviso.
Ti aggrappi senza una parola.
Ci affondi col tuo peso nel selciato.

Tagliamo la barba aggrovigliata.
Tanfo di cosa implume, parassita
si libera da noi. Ci maledice.

Scompare con un tuffo nella vasca -
le bestie agonizzano nell’acqua.
Noi non abbiamo amici.

Teniamo la paura nella tasca.

Arthur Rackham

***

Il mondo

Ciò che avviene non è per un programma
qualcosa che ci ruota di là fuori
pallide l’una nell’altra, rosse.

La lampada ci accende sotto il tetto -
un gioco d’ombre e mani
sempre più avulse, meno familiari.

Guarda come si chinano i monti o
restano indifferenti, fa lo stesso.
Non ci sono segni dentro il paesaggio.

Soffiano gli astri freddi sulle teste.
Dove sei, orso? Sono spariti i tuoi
dalle montagne. Sono venuti gli uomini

hanno lasciato impronte.
Il sangue si è raccolto, così da farli bere.
Promesse. Prede. Parentele.

***

L’altro mondo

L’orso ci guida ogni notte
nel suo pelo di stelle.

Ha due madri, due antiche sorelle.
I suoi artigli distruggono abiti e scarpe.

Dove vanno gli umani per dimenticare?
Si abbuiano, si riconoscono infine?

Zampe ruvide. Carne. Un rifugio.
Partiamo. La casa cigola prima di morire.

Il caldo dell’orso ci avvolge.
Lo immaginiamo, sempre.


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NOTA



In Biancaneve e Rosarossa dei fratelli Grimm le due sorelle vivono con la madre in una casa nel bosco, benvolute dagli animali, come dagli angeli, che popolano il luogo. Forse c’è una protezione magica. Un giorno si presenta alla porta un orso, che diventa un meraviglioso compagno per molto tempo; quando se ne va a cercare le sue ricchezze perdute, un altro personaggio, un nano dalla lunghissima barba, entra nelle vite delle due bambine, ma con modi molto meno affabili. Aiutato per tre volte dalle sorelle - a liberarsi dal tronco e dalla lenza in cui la sua barba si impiglia e dall’aquila che lo afferra - , invece che ringraziarle, le aggredisce verbalmente. Infine un orso lo assale, uccidendolo e rivelandosi alle due protagoniste spaventate, come il loro antico amico, derubato dal nano di tutti i suoi tesori. L’orso, vittima di un sortilegio gettato dalla stessa creatura malefica, è in realtà un principe umano: recuperata la sua forma originaria lui e il fratello sposano le due ragazze. Nelle poesie gli uomini devastano i luoghi, chi li ha amati ne impazzisce o è costretto ad andarsene, l’orso rimane orso come deve essere e come tale non può tornare. Resta il sogno.

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