lunedì 1 dicembre 2014

una lettura di Nel sonno

La poetessa Ida Travi mi ha inviato questo pezzo che doveva uscire in cartaceo, ma per vari motivi leggo e ospito io direttamente sul mio blog. Ha scritto due testi bellissimi sui miei due ultimi libri e la ringrazio. Eccolo: 

Il sogno come scudo 
 di Ida Travi 

 Nel sonno è l’ultima raccolta poetica di Francesca Matteoni, una delle voci più autentiche della giovane poesia italiana, là dove la giovinezza entra nella maturità. Il libro esce per Editrice Zona, con postfazione di Andrea Raos e comprende tre sezioni Down the rabbit hole, The pool of tears, e Looking glass. In apertura troviamo un catalogo, una lista di oggetti, animali, ingredienti d’un pasto fantastico… Oltre a coccio e vetro nella lunga lista troviamo anche tacchino arrosto, caramella mou, crostini imburrati come se fossimo appena entrati in una favolosa cucina e subito dopo incontriamo, comuni e misteriosi animali: grifone, aquilotto, gatto, coniglio,pesce, rana…Francesca Matteoni è poetessa di nuova generazione. Fa parte cioè di quella generazione che se ne è andata o se ne va a cercare futuro altrove oppure resta o torna in Italia e s’inventa qualcosa. Nella poetica di Matteoni c’è un grande investimento di presente, c’è una scommessa aperta con il vasto mondo, tanto surreale. Francesca Matteoni fa di questa poetica il suo sogno, il suo scudo. La poesia è il mondo stesso usato come scudo, ma è anche lo scudo che la poetessa opporre al mondo. Drink me: spinge veloce/ il mondo fuor dall’asse/ l’ascia che cade diritta sulle teste. Si tratta dare corpo alle parole, di scivolare tra le lingue. Si tratta di fare delle parole uno strumento di resistenza, di nutrire il poco senso del nostro tempo, la sua povertà, si tratta di fare memoria. Francesca Matteoni si dichiara indebitata, nella scrittura ad Alice di Carroll, ma anche a Qualcosa di Alice film del cecoslovacco Jan Svankmajer, del 1988. E a Tideland, altro film di Terry Gilliam, ispirato all’omonimo romanzo di Mitch Cullin. E poi? Poi c’è l’archivio d’una esistenza in fiore e la legge per tutti disuguale. Troviamo tra le pagine del libro fotografie, disegni, parole scritte a mano, tracce di poesia visiva, ghirigori, citazioni da Yeats, troviamo acqua che brilla tra gli alberi, echi scandinavi, laghi compressi in poche parole di Tomas Tranströmer, su tutto aleggia una d’infanzia. Si intravedono taccuini, installazioni degli anni ‘80, troviamo un pomeriggio d’ottobre del 1994 in Pennsylvania. Troviamo tutto questo finché la poesia si impone sopra ogni cosa e nei versi liberi "Gli animali si addensano nelle fessure. Ti guardano. Tu sei scura, oscurata da una coperta di lacci, e inserti di un cappotto di tua nonna.".  E’ oggi. E’ qui: le folle ti circondano con tazze e bicchieri, lattine, provette di laboratorio  … il paese delle meraviglie annega giù per la sua scollatura. Un’onda di sangue fluisce, ti allaga sottile le scarpe. ”Nella sua Postfazione Andrea Raos lo sottolinea chiaramente: “L’infanzia di cui parla questo libro non è tanto la bambina che ne è al centro, quanto lo spavento che la circonda da ogni lato.” Sì, c’è spavento intorno a ogni infanzia, ogni Alice, è davanti al suo specchio. Per questo Francesca Matteoni inserisce nel libro, brillanti come dentro a un verderame, le sue note sparse sulla visione del film Lo specchio di Andrej Tarkowskij: una finestra che si spacca, un gallo che esce fuori, un tavolo nell’erba alta da cui il vento tira giù una lampada, un mondo che si disfa come prima di svegliarsi, senza che la porta della casa possa essere varcata. Ero morta di sonno/ flettevo le mie foglie verso il basso. Quanto è stretta la porta? Quanto è grande la bambina? Il libro si chiude nominando due donne, due custodi del libro: la madre e la madre della madre. Come davanti alla porticina grandepiccola di Alice: sonno e sogno hanno lo stesso suono in Russia. Allora fatti grande, fatti piccola, torna a te stessa. Svegliati, che vuole dire sogna.

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